Persino Nube mi ha guardato seccata e se ne è andata. Di solito tollera bene le mie insonnie. Ma stanotte ero insopportabile con le mie continue risate. 1982 è il piccolo, ultimo libro di Alajmo, annale di un anno. Non l'ho ancora finito e non è una recensione (peraltro bastava quella dell'almanacco di Repubblica di sabato). Morire dal ridere, tutto il tempo. Poi alle 4 dici: ora basta, chiudo, devo dormire. E invece sono ancora sveglia.
Naturale viene il gioco: il mio 1982.
Dunque, per la cronaca.
14 anni
Davo il primo bacio estivo (per quelli invernali avrei dovuto aspettare a lungo).
Al collegio, ero l'unica ancora con i calzettoni al ginocchio.
Avrei giocato a palla prigioniera/pallavolo/softball tutto il tempo che rimaneva dalla lettura dei libri.
Compravo i libri alla Scientifica, presentandomi sempre al vecchio, caro, cassiere dicendo: sono del collegio delle fanciulle (credendo a torto che lo sconto del 20% lo facesse solo a noi reali fanciulle) (e infatti lui mi salutava sempre: buongiorno fanciullina).
Avevo già letto tutto quello che c'era per casa: da tutto Moravia al Processo di Norimberga, dai russi ai vittoriani, da Tobino alla Collins (non quella seria, l'altra).
Con la nonna Dina, la sera della finale del Mundial guardammo - credo uniche in Italia - sulle strade della california su Rai 2. Snobberia e timidezza insieme. Tutto il salento che esultava e noi lì, a guardare il resto.
Del mondo, anche quello che passa sui giornali o dentro a un cinema, ancora non sapevo nulla.
Mai stata ad una manifestazione.
Solo ritiri spirituali a San fedele.
Va beh. Mi fermo qui che.
Meglio che vada a fare yoga alle sette, già che sono sveglia.
Prima di lamentarvi del vostro, rileggete bene il mio:-)
Perché anche il vostro 1982, voglio. (E basta complimenti, che qui si scivola e devo continuamente passare lo straccio).
10 commenti:
Questo post è lunghissimo! Ancorché ingenerato dall'insonnia, è comunque fuori scala.
Io, per me, del 1982 ricordo quasi niente. Vediamo. Andavo bene a scuola. Come punk ero solo un ridicolo wannabe. Frequentavo svogliatamente e con frequenza sporadica la discoteca Le Cinema, al traino degli amici del quartiere. Si frequentava ancora talvolta il bar biliardo dell'oratorio poichè nel quartiere non c'era molto d'altro da fare. Pur leggendo praticamente nulla, scrissi un raccontino assurdo che aveva per protagonista Stevo, il fondatore della Some Bizarre records. Musicassette con dentro svariato punk e variegata new wave. Spillette. Le radio montate dentro al vano portaoggetti della Vespa. Campeggio itinerante nell'oristanese coi Centri Rousseau, nel quale ebbi una fidanzatella torinese di dodici(!) anni. In occasione della finale mondiale ero al mare, e mi gettai vestito in piscina, datosi che la tv si trovava in una specie di centro servizi di complesso vacanziero sardo.
La piscina era piena di gente come la metropolitana all'ora di punta. Fu un anno interlocutorio, quel 1982 :-)))
«Non hai ancora scritto». Eh, bambola, cosa vuoi che ti dica: no, non ho ancora scritto. Non vuoi complimenti. Non lo sono. Piuttosto la confessione di un imbarazzo pulito per un modo di scrivere – il tuo – che a tratti mi ricorda il buon Tondelli. Eppoi c'è bisogno di esser veloci per inserirsi in un flusso di coscienza come quello che riversi su queste pagine. Ed io sono lento a fare le cose, tutte. Come diceva Ferretti: pigro di testa e ben vestito. Veloce solo ad annoiarmi e leggere. E viceversa.
In ogni modo, ora non hai più l'argomento «Non hai ancora scritto». Perché ho scritto, quindi dovrai trovarne altri. È la sfida che ti lancio.
Chiedi, che facevo nell'Ottantadue? Boh. Ero a Patrasso. Di fronte il Salento, insomma. Avevamo una casa, lì, qualche vita fa. Partimmo dopo il girone a tre con Argentina e Brasile, perdendoci la semifinale con la Polonia e la finale con la Germania. Con Pertini che non sta nella pelle e scatta, si agita, gesticola. Un italiano. Che poi, detto fra noi, a me del calcio importa mica. Al ritorno dalla Grecia, mio fratello ed io scoprimmo che ci saremmo trasferiti a Roma. Niente più Mariella né Pedro né un milione di altre cose che vado cercando, ogni volta che torno giù. Un compagno di scuola, il giorno in cui passai a salutar tutti alla Guadagni, mi regalò un dente che gli era appena caduto. Un pezzo di sé. Macabro ma toccante. Che anno di merda, l'Ottantadue.
non mi ricordo nulla dell'ottantadue. facevo la quarta elementare e avevo i capelli molto lunghi;)
sì va beh, ragazzi
con tutti gli imbarazzi che mi scatenate il volto è ormai fisso paonazzo (e il mio capo che dice: cosa c'è, tutto bene?), le gambe risentono della mancanza di sangue che va solo ad irrorare le guance; un bambino stamattina che è entrato per farsi fare un panino con la mortadella è scivolato; un pensionato entrato per il caffè mi ha detto "qua dentro c'è aria di zucchero filato, rosa".
Basta! Che poi se no come succede a Napoleone in N di Ferrero cado troppo dall'alto. E io ho sempre paura di farmi male, lo sapete. Ancora zoppico da altre cadute.
Metti lo zucchero filato, rosa, per terra. Copri l'intero pavimento. Non saranno proprio nuvolette rosa, questo no, lo riconosco, ma è un brand new start niente male.
Eppoi io a*d*o*r*o lo zucchero filato. Rosa.
No, ma io lo so. Continuo a dirlo. Altro che caffè. Nel weekend trasformo queste mura in un'agenzia matrimoniale.
A 11 anni, l'ottantadue era quasi solo il mondiale. il dribblomane vincenzino megna di san lorenzo, nanerottolo, povero in canna e imprendibile nel cortile di via ingegneros e in tutta san lorenzo. quel pomeriggio di italia-brasile, lui che dribblava e voleva sentirsi per una volta il numero uno, lui che abitava a pianterreno e divideva il letto col fratello ancora più nano tra le casse di gazzosa che vendeva suo padre, noi che invece nei palazzi nuovi, al settimo piano. vincenzino megna che palla al piede ci facìa abballare u tanghetto, quel pomeriggio ha annunciato a tutti che tifava brasile. e qualcuno gli andava pure dietro. finita la partita e inizata la festa, facciamo le squadre e al tocco quella volta nessuno se lo prendeva. tripletta, ovviamente. altro che pablito.
Bello, walter! mi ricorda Rembò di Enia (quanto lo ho amato, quel libro).
Pare un blog di persone perbene, questo. Niente matti sociopatici? Sono sbigottito, e grato per la citazione.
Roberto Alajmo
RA, non starai mica evocando i demoni? Teniamoci i daimones, qui.comunque credo dipenda dall'aglio. Non hai visto accanto al cartello entrata libera che cosa non ho appeso? Due giorni di lavoro. Fortuna che a marsala ne avevo comprato un intero carretto.
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