Baricco sul libro di Agassi, da Cult di Repubblica domenica e ripescato qui.
"Tutto sommato, l’unica cosa del libro che mi è spiaciuta è il finale.
L’eroe sisposa, vince e scopre se stesso. Lieto fine, ma non è questo
che mi è spiaciuto. È che l’eroe scopre il senso della vita iniziando ad
occuparsi degli altri, i suoi figli innanzitutto, ma anche gli altri
veri: apre una scuola per bambini che non hanno la possibilità di
studiare. Volontariato. Tutti felici. Sipario. È che io non ci credo. A
me risulta che la ricerca del senso è una sorta di partita a scacchi,
molto dura e solitaria, e che non la si vince alzandosi dalla scacchiera
e andando di là a preparare il pranzo per tutti. È ovvio che occuparsi
degli altri fa bene, ed è un gesto così dannatamente giusto, e anche
inevitabile, necessario: ma non mi è mai venuto da pensare che potesse
c’entrare davvero con il senso della vita. Temo che il senso della vita
sia estorcere la felicità a se stessi, tutto il resto è una forma di
lusso dell’animo, o di miseria, dipende dai casi.
Peraltro, è anche possibile che mi sbagli."
4 commenti:
Da scolpire nella pietra. Giusto vero e sacrosanto, virgole comprese.
Scusate ma non capisco. Alla fine Baricco sostiene che il senso è preparare il pranzo per tutti o estorcere la felicità a se stessi? Perché non è proprio la stessa cosa. Io sono convinto che sia la prima delle due.
La seconda delle due, perché la prima non è detto che sia una scorciatoia per raggiungerla (la seconda):
esatto. basta occuparsi degli altri invece che di se stessi
(predico bene, razzolo male). non male in un paese cattolico e sfasciato come il nostro
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