"Ogni guerra è uguale nel senso che le sue fasi iniziali ripetono gli elementi della guerra precedente. Chiunque combatta una guerra moderna tende a pensarla nei termini dell'ultima guerra di cui è venuto a conoscenza. Questa tendenza è convalidata dalla somiglianza che uniformi ed equipaggiamento hanno con quelli usati in precedenza che ormai sono diventati la sostanza del mito. Combattere diviene come un'azione involontaria di memoria conservatrice e quasi di elegia."
Fussell racconta la storia della prima guerra partendo dalla sua indicibilità: "ci cullavamo in una pace che era durata cent'anni tra due grandi conflitti in quel secolo di pace. Le guerre scoppiate non erano generali ma soltanto una breve versione armata dei giochi olimpici. Noi vincevamo una mano; il nemico vinceva quella successiva".
Poi, basta. La prima guerra mondiale cambia tutte le regole: è' il momento della grande dicotomia noi e gli altri, buoni e cattivi, del passaggio dal mito alla demitizzazione, dell'orrore industrializzato, di una guerra di logoramento vissuta (Fussell racconta gli inglesi) immersi in trincee gonfie d'acqua a 70 miglia da Londra. Con i pacchi del nuovo marketing bellico dei grandi magazzini che arrivavano, insieme alla posta, nell'arco di due giornate.
Più che la storia, la storia di una prima volta di una storia terribile, rivoluzionaria, che solo le parole della letteratura sanno e possono raccontare.
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